Roma, 16 marzo 2022 – Il tema della non autosufficienza pone all’attenzione soprattutto due questioni: quali sono i bisogni? quali sono le risorse? Se, come anche noi crediamo, l’individuazione dei bisogni viene prima per poi cercare le risorse necessarie per affrontarli, è altrettanto vero che i limiti oggettivi della finanza pubblica impattano sulla esigibilità di servizi e prestazioni ancorché riconosciuti come diritti.
Il Secondo Pilastro Integrativo, che il Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza coinvolge nella sua proposta per l’introduzione di un Sistema Nazionale Assistenza Anziani, consente di aggiungere risorse private a quelle pubbliche e di meglio provvedere così al fabbisogno, sulla base di imprescindibili principi di equità e solidarietà ed in via esclusivamente complementare rispetto a Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEA) e Livelli Essenziali di Assistenza Sanitaria (LEPS) definiti.
Siamo d’accordo e vorremmo provare a mettere meglio a fuoco alcuni aspetti che riguardano specificamente le società di mutuo soccorso che, in qualità di enti del Terzo settore, operano nel Secondo Pilastro Integrativo con finalità esclusivamente assistenziali, nell’interesse generale e sulla base del principio costituzionale di sussidiarietà.
Consideriamo che lo spettro dei bisogni legati alla non autosufficienza è talmente ampio che, prima di arrivare a trattare la condizione di infermità conclamata, dobbiamo fare i conti con i bisogni attivi particolarmente delle persone anziane che, affette da patologie cognitive e/o motorie in fase iniziale o anche a scopo preventivo, necessitano di interventi di protezione dell’autosufficienza più o meno residua.
Il richiamo del legislatore nel Codice del Terzo settore al coinvolgimento degli enti del Terzo settore (ETS) da parte delle amministrazioni pubbliche attraverso la co-programmazione e co-progettazione (art. 55 Codice Terzo settore), porta a ragionare sulla costruzione di reti sociali di comunità. Un modus operandi che la Corte Costituzionale (sentenza 131/2020) ha riconosciuto legittimo in quanto “alternativo a quello del profitto e del mercato”, non basato sul rapporto sinallagmatico bensì “sulla convergenza di obiettivi e sull’aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione, in comune, di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico”.
La Corte Costituzionale, inoltre, rappresenta efficacemente il ruolo degli ETS che “spesso costituiscono sul territorio una rete capillare di vicinanza e solidarietà, sensibile in tempo reale alle esigenze che provengono dal tessuto sociale, e sono quindi in grado di mettere a disposizione dell’ente pubblico sia preziosi dati informativi (altrimenti conseguibili in tempi più lunghi e con costi organizzativi a proprio carico), sia un’importante capacità organizzativa e di intervento: ciò che produce spesso effetti positivi, sia in termini di risorse che di aumento della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate a favore della «società del bisogno»”.
Numerosi sono i contributi degli studiosi in questa direzione, volti a sostenere la necessità che il ruolo del Terzo settore non si limiti alla mera collaborazione con il servizio pubblico bensì assuma su di sé il coinvolgimento proattivo, mediante le proprie aggregazioni sociali, entro le quali possono agire rapporti di interdipendenza tra le persone quali il sostegno e l’aiuto reciproco: “Lo scambio di esperienze, la disponibilità ad aiutarsi e la fiducia verso l’altro proprio delle reti sociali ne rappresentano il capitale sociale da attivare per promuovere il benessere della comunità” (Istituto di Management Sant’Anna e SDABocconi, Community building: logiche e strumenti di management, 4 novembre 2021).
Nel processo di costruzione di una comunità solidale che decide e agisce, la mutualità costituisce un principio ed un vincolo che ha come scopo la presa in carico globale della persona con i suoi bisogni, principalmente di salute. Lo svolgimento di attività di interesse generale, senza scopo di lucro, in forma di mutualità è riconosciuto agli enti del Terzo settore (art. 4, Codice Terzo settore).
Le società di mutuo soccorso sono, come già detto, enti del Terzo settore disciplinati dalla l. 3818/1886 e successive modificazioni, che praticano la mutualità nella sua accezione pura, verso i soci e i loro familiari, senza preclusioni selettive o discriminatorie soggettive. La partecipazione contributiva, libera e volontaria, responsabile e perciò precoce e continuativa, è il mezzo che consente di realizzare, su base collettiva, il fine del sostegno economico ai soci a fronte delle spese rimaste a loro carico per prestazioni sanitarie e socio-sanitarie integrative o aggiuntive a quelle pubbliche.
Per retaggio, le società di mutuo soccorso sono, al contempo, presidio territoriale e patrimonio storico della cultura e della pratica mutualistica, che vive non solo in Italia ma anche nella maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale e nel resto del mondo: “… fin da tempi molto risalenti, del resto, le relazioni di solidarietà sono state all’origine di una fitta rete di libera e autonoma mutualità che, ricollegandosi a diverse anime culturali della nostra tradizione, ha inciso profondamente sullo sviluppo sociale, culturale ed economico del nostro Paese” (Corte Costituzionale).
In assenza di provvidenze pubbliche e di diritti, la mutualità è stata, nel passato, una rivoluzionaria idea di civismo, di prima e vera “palestra” di formazione al vivere civile: il punto di partenza di una maturità sociale fondata sulla condivisione delle scelte, sulla coesione negli intenti, sul rispetto delle regole, sulla responsabilità individuale e collettiva, sulla reciproca fiducia e sulla vicendevole sicurezza. Questi valori comportamentali, ancora oggi, connotano le società di mutuo soccorso.
Muovendo dalla prossimità nel territorio e dall’ascolto dei bisogni della collettività associata, le società di mutuo soccorso costituiscono una rete sensoriale diffusa a misura di comunità, a partire dalle società storiche, di più antica costituzione, presenti nelle aree interne e nelle periferie urbane, fino alle società di mutuo soccorso sanitarie, più strutturate per dimensioni e capacità di intervento. Nel loro insieme, anche nell’ambito dell’assistenza agli anziani, esse intendono essere parte attiva di un sistema territoriale a filiera per l’erogazione, integrativa al servizio pubblico, di prestazioni.
Da un lato, le società storiche con le loro sedi dotate quasi sempre di ampi spazi aggregativi interni ed esterni, sono luoghi fisici riconosciuti dalle comunità di riferimento, luoghi di socializzazione e protezione dalla solitudine e dall’esclusione, le cui attività costituiscono pratiche salutari generatrici di benessere psico-fisico in coloro che vi partecipano, soprattutto le persone anziane, di benefici diretti per le loro famiglie nonché indiretti per la comunità. Dall’altro lato, le mutue sanitarie possono agire in forma complementare e aggiuntiva a LEA e LEPS definiti ed esigibili, per compensare le spese per il trattamento della non-autosufficienza rimaste in carico alle persone affette e alle loro famiglie.
Articolo a cura di Loredana Vergassola, Responsabile Ufficio Studi Fimiv